L’EDITORIALE di Elena Galifi
Siamo tutti dei comunicatori, eppure siamo il Paese del percepito
Nell’era digitale e della notizia in tempo reale, oggi che possediamo tutti almeno uno strumento sia per accedere alle fonti che per “pubblicare” dei contenuti, possiamo dire senza alcun dubbio che siamo tutti dei comunicatori e che l’informazione è un bene comune
Ma spesso, per chi legge queste informazioni attraverso i mezzi tecnologici, risulta difficile distinguere una notizia vera da eventuali c.d. fake news. Le opinioni vengono così ad essere condizionate da false comunicazioni e la conoscenza cede il passo alla percezione, con tutte le conseguenze che ne derivano. Poiché siamo tutti comunicatori accanto alla libertà di espressione, sorge il dovere di una responsabilità comune da condividere in solido con l’intera comunità, anche e soprattutto per garantire i diritti fondamentali dell’essere umano.
IL BENE COMUNE DELL’INFORMAZIONE
Le Ricerche relative i “Mezzi di comunicazione di massa” negli ultimi anni rivelano un fenomeno preoccupante. La maggior parte degli italiani non ha conoscenza dei fatti ma ne ha la percezione. Questa tendenza dipende dal livello di credibilità, fiducia e influenza delle fonti di informazione.
Il tema è stato affrontato in occasione della tavola rotonda “Il bene comune dell’informazione. Quando le parole sono ponti e non sono pietre”, lo scorso 29 settembre, nella sede di “Civiltà Cattolica” a Roma alla presenza di Vania De Luca, presidente Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI Nazionale), Giuseppe Giulietti, presidente Federazione Nazionale Stampa Italiana (Fnsi), Roberto Natale (Articolo 21), Carlo Verna, presidente Ordine Nazionale dei Giornalisti, e da moderatore p. Francesco Occhetta S.I., scrittore de La Civiltà Cattolica.
L’evento ha aperto una settimana di riflessioni e la firma, il 30 settembre, del Manifesto di Assisi approvato da collaboratori appartenenti a tutte le associazioni di giornalisti e da rappresentanze di tutte le comunità religiose con più di 200 firme tra scrittori, teologi, religiosi, associazioni, giornalisti e cittadini a confronto. Si tratta di un decalogo, nato in collaborazione tra Articolo 21 e la rivista San Francesco sulle buone pratiche della comunicazione per contrastare la violenza verbale e scritta, soprattutto sui social network. La settimana si chiude oggi domenica 7 ottobre 2018 con la Marcia Perugia-Assisi, contro la rassegnazione mediatica e sociale. Una marcia che coincide con il 70° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani. Il legame tra informazione e pace è presto detto.
Il diritto del cittadino ad essere informato correttamente
La cattiva informazione, quella condizionata e condizionante, non solo non garantisce una propria personale opinione ma con il tempo mette in pericolo i diritti fondamentali dell’essere umano e la pace.
Garantire una incondizionata Libertà di Stampa non significa solo garantire la possibilità di svolgere bene e serenamente il lavoro di un giornalista, ma assicurare la libertà di apprendere la verità da parte del cittadino. Ma anche la possibilità di esprimersi da parte dei cittadini. Ecco perché è tra le libertà fondamentali riconosciute dalla Costituzione Italiana.
Art. 21.
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Quando un giornalista viene minacciato o limitato nell’esercizio delle sue funzioni, non è l’unico ad essere messo in pericolo, ma l’intera comunità. Non è un fatto privato e la sua forza è la stessa comunità.
Come anche quando si diffonde una falsa informazione o in una forma tendenziosa o volutamente allarmante, ciò non è fatto innocuo e circoscritto ma rappresenta una forma virulenta che, nel far volutamente perdere la vera dimensione del fenomeno, diffonde nell’animo delle persone quelle paure e insicurezze che le rendono sempre più vulnerabili e manipolabili.
Di fronte alla realtà di oggi, sembra doveroso riflettere sul valore della comunicazione, ma anche sulla responsabilità che ricade sulla figura del giornalista quale professionista della comunicazione, nel rispettare nuove regole deontologiche, da aggiungere a quel complesso di doveri che sono alla base di una categoria professionale. Ma considerare anche il potenziale e il limite del comunicatore comune.
La funzione del giornalista oggi, tra un numero infinito di comunicatori, diviene quella, una volta verificata l’autenticità del fatto, di aiutare gli altri ad interpretare e contestualizzare la notizia. Il giornalista oggi diviene complice del lettore e interagisce con lui, si è quindi annullata la distanza che esisteva una volta.
Va accettato il fatto che oggi i giornalisti non sono più gli unici che fanno comunicazione, anche per un altro fenomeno importante della società attuale, ossia la velocità che prevale sulla profondità. E questo è un tema molto delicato in quanto questa velocità mette in competizione i giornalisti, comunicatori professionali, con i comunicatori comuni che sono tutti coloro che agiscono come privati sulle piattaforme in internet. Ma garantendo, questi ultimi, solo il primato di dare per primi la notizia.
Oggi che tutti facciamo comunicazione la figura professionale ma anche la responsabilità di giornalista è ancora più necessaria, in quanto la disintermediazione diviene pericolosa. Va rivendicata la competenza e la capacità di fare indagini, in modo che possa garantire al cittadino una informazione affinché abbia la piena conoscenza dei fatti e non solo la percezione delle cose. Un esempio, in Italia sia ha la percezione di una presenza del 25% dell’immigrazione quando in realtà questa è il 7%.
La funzione del giornalista è compresa nel suo dovere di diffondere la verità sostanziale dei fatti, attraverso fonti certe, indagini e fornendo numeri. Inoltre ha l’obbligo di informare senza fare terrorismo mediatico abusando di aggettivi o attraverso eclatanti slogan. Ma neppure, all’opposto visto che oggi vanno di moda le buone notizie, cadere nel buonismo inutile. D’altronde le cattive notizie esistono, ma ci sono anche realtà che è importante se non fondamentale raccontare, perché meritevoli di attenzione, ed è importante sapere raccontare ciò che funziona, ma anche questo nel giusto modo. Perché spesso si tratta di piccole realtà nascoste che sono la vera ricchezza e il motore trainante del Paese.
E per tornare alle parole tema del dibattito le parole devono essere ponti che uniscono non già pietre da essere scagliate.
Una sana Informazione è strettamente legata alla Pace
In un quadro così descritto, il rischio è proliferare di una cattiva informazione e il diffondersi della disinformazione, la quale può sfociare in una conseguente erosione graduale dei diritti fondamentali dell’essere umano cosa già tristemente accaduta in passato con l’avvento di regimi totalitari, e la prima a traballare è proprio la libertà di stampa, prevista e tutelata in Costituzione al l’articolo 21
Ma queste potrebbero sembrare solo parole. La dimostrazione è nei dati che emergono dalle ricerche degli ultimi anni che fanno evidenziano un quadro inequivocabile. La libertà di informazione è considerata prima di tutto libertà nella rete.
Circa l’87% degli italiani, per crescente sfiducia nei mezzi tradizionali dovuta anche al bombardamento di news o per la minore disponibilità di tempo si informano sempre più su Internet per farsi un’opinione ma, purtroppo, l’82% non sa riconoscere una bufala.
Il 79% degli italiani ritiene di essere in grado di trovare facilmente le notizie di cui ha bisogno, attraverso l’uso di free media. La grande disponibilità d’informazione libera è considerata dal’87,76% degli italiani professionale e, quindi, attendibile. Crescono le ore di esposizione all’informazione: il 42,37% di noi è connesso almeno 4-5 ore al giorno.
Il fenomeno riguarda anche i ragazzi: molti giovani pensano che attraverso il telefonino loro siano informati è proprio con questi apparecchi loro cercano e trovano ciò di cui hanno necessità. Ma fare ricerca e approfondire è tutta un’altra cosa, e naturalmente comprende anche altre fonti oltre internet.
Così il 77,30% ritiene che le fake news non indeboliscano la democrazia e l’87,76% l’informazione che circola in rete sia professionale, quindi attendibile. Mentre il 37,11% crede che gli apparati dell’informazione tradizionale tendono a manipolare le notizie.
Non è secondario che si va ad amplificare un sistema di trasmissione spesso inidoneo e violento, fatto di messaggi allarmanti e slogan che spingono all’odio, alla violenza, alla chiusura, al pessimismo, alle preoccupazioni e comunque ad alimentare il sentimento di negatività e pessimismo, perdendo la dimensione reale del fenomeno o deviando il problema a favore di altri interessi.
Per contrastare la tendenza al crescente calo di fiducia nei media tradizionali va quindi considerato uno sforzo da parte di tutti
Da parte dei giornalisti, ma anche degli ordini professionali che si stanno adoperando per una riforma a favore del giornalismo, più che dei giornalisti. Inoltre attraverso la sottoscrizione della Carta di Assisi, e la partecipazioni ad attività comuni e di formazione come dibattiti e i confronti.
Insieme si sta ridisegnando un nuovo ruolo tra gli operatori della comunicazione, giornalisti della carta stampata, giornalisti online e blogger hanno il dovere morale deontologico di adottare una nuova etica dell’informazione, dove il linguaggio della verità possa prevalere contro i muri mediatici, ignoranza, odio, falsità e razzismo, a favore della pace.
Non è facile trattare un argomento così importante da condividere con il lettore, magari preso alla sprovvista.
Scrivere per molte persone è un fatto personale e di gratificazione. Ma non è per tutti così. Per i giornalisti, per i più è una missione. Per me, e per i collaboratori de Il Punto News.net si tratta di passione nel fare informazione, in uno stile sincero, onesto e positivo.
Non aggiungerei altro al detto, e lascerei spazio al contenuto del Manifesto di Assisi, per una ulteriore e personale riflessione.
Buona lettura
MANIFESTO DI ASSISI
- NON SCRIVERE DEGLI ALTRI QUELLO CHE NON VORRESTI FOSSE SCRITTO DI TE
Scrivere significa comunicare. Comunicare significa comprendere. L’ostilità rappresenta una barriera insormontabile per la comprensione.
- NON TEMERE LE RETTIFICHE
Una corretta informazione lo è sempre. Lo è soprattutto quando si è onesti con i lettori. Non temere di dare una rettifica quando ti accorgi di aver sbagliato.
- DAI VOCE AI PIÙ DEBOLI
Ricorda di dare voce a chi non ha altro possesso che la propria vita, difendi la tua identità ma rispetta sempre diversità e differenze.
- IMPARA A “DARE I NUMERI”
Quando scrivi ricorda sempre di integrare le opinioni con tutti i dati utili a una corretta informazione.
- LE PAROLE SONO PIETRE, USALE PER COSTRUIRE PONTI
Ricorda che le parole, se male utilizzate, possono ferire e uccidere; cancella dal tuo blog o dal tuo sito i messaggi di morte; denuncia gli squadristi da tastiera e cerca di costruire ponti scalando i muri della censura.
- DIVENTA “SCORTA MEDIATICA” DELLA VERITÀ
Fatti portavoce di chi ha sete di pace, verità e giustizia sociale.
Quando un cronista è minacciato da mafie e camorre riprendi il suo viaggio e non lasciarlo solo.
- NON PENSARE DI ESSERE IL CENTRO DEL MONDO
Non credere di essere il fulcro dell’Universo, cerca piuttosto di illuminare con quello che scrivi le periferie del mondo e dello spirito.
- IL WEB È UN BENE PREZIOSO. SFRUTTALO IN MODO CORRETTO
Ricorda che internet è rivoluzione, ma quello che scrivi è rivelazione di quello che sei.
- CONNETTITI CON LE PERSONE
L’obiettivo finale non deve essere avere una rete fatta di fili, ma una rete fatta di fratelli.
- PORTA IL MESSAGGIO NELLE NUOVE PIAZZE DIGITALI
San Francesco operò una rivoluzione, portando il messaggio dalle chiese alle piazze; oggi ricorda di incarnare una nuova rivoluzione portando il messaggio dalle piazze alle nuove agorà.