#ritrattodautore di Elena Galifi
Pittore, poeta e cantautore
Davide Casu è un giovane artista a tutto tondo nativo di Alghero
Descrive emozioni, racconta la sua terra, disegna con le parole ritratti di persone e caratteri umani con debolezze e vizi, come anche virtù e bellezze.
Fonde musica e testi con la magia della poesia. Si racconta in una intervista esclusiva.
https://www.youtube.com/watch?v=ZjmYvi-taqw&t=0s&index=12&list=PLbAerWrSGUcC3DU6JKoyCNtWwKMG3BcMU
Davide Casu, Cantautore Poeta. Qual è il prossimo palco che calcherai?
Oggi, essere un cantautore, di quelli che mettono al primo posto la poesia vera e il suo equilibrio con la musica, è diventato un mestiere assai arduo, almeno in Italia.
Proprio mentre pensavo queste cose, capita che mi chiamino per il Barnasants di Barcellona, il festival dedicato al cantautorto più importante a livello europeo. Il 21 Febbraio sarò su quel palco: un intero concerto che sicuramente darà il via a una produzione per il mercato catalano e sardo, assieme a dei musicisti davvero immensi.
Ho vissuto 4 anni a Torino e altri 4 in Spagna. Dopo il mio rientro in Sardegna avevo continuato a scrivere in lingua algherese, ossia una variante sarda del catalano, e così mi sono riscoperto a frugare tra le mie scartoffie alla ricerca di testi e spartiti che m’ero rassegnato ad abbandonare. Ma oggi, invece, partecipo al maggior festival cantautorale d’Europa.
Quanto c’è di Sardegna nelle tue canzoni?
Sono cresciuto nella campagna sarda, un po’ immerso nel bipolarismo tra il mondo agropastorale e gli anni ’80 con la TV ci inondava la testa di cose che a noi erano lontane, e che ti entravano in testa da tutte le parti. E non posso fare una gran differenza tra cosa voglia dire far nascere un testo e generare una musica. Per me sono indissolubili e germinano a partire da quegli ossimori infantili, per poi concatenarsi alle vicende della mia vita, ai miei studi di filosofia e architettura, alle miriadi di serate passate ad ascoltare e suonare qualsiasi cosa degna di nota; all’incessante necessità di assimilarmi alla potenza creatrice che tutto pervade e che tutto discioglie.
La Sardegna è più amore o odio?
Molte volte i sardi definiscono la Sardegna “Mama, fizza, e isposa”, Mamma figlia e sposa, un po’ come la vergine Maria.
Io mi sento un po’ nella fase in cui questa mia sposa è il grande amore, il sostegno, ma anche un freno, un compromesso. La Sardegna è una terra povera che vive di cose gioiosissime e assurde litigiosità, invidie. È un paese in definitiva, sparso su un territorio magnifico e muto che però è capace di plasmarti in delle peculiarità raffinate, e le difficoltà che essa ti pone non fanno altro che rafforzare la tua mente creativa e spingerla oltre, come se mettesse la tua mente sopra un vascello per condurti a esplorare e perderti e contaminarti, a…marti.
Un ricordo indelebile del tuo passato?
Quattro anni e mezzo fa ho avuto un incidente in cui una persona ha perso la vita. Ho trascorso mesi, forse anni infernali, ma dove il salto evolutivo della persona è stato enorme. Ricordo il sangue, ma ricordo in quel continuum di dolore, una mareggiata a Bugerru, in cui mi getto tra le onde altissime e nuoto fino allo stremo. Una volta lontano dalla costa, urlo con forza e poi mi immergo a toccare il fondo. Riemergo e urlo ancora. Ero vivo, e volevo vivere. Poi esausto sulla riva pensai a quell’uomo e gli promisi che se anche la felicità avesse baciato per intero la mia vita, non mi sarei mai dimenticato di lui e dedicargli una lacrima ogni giorno.
Un oggetto prezioso del tuo presente?
Come ho detto amo la campagna. Al momento il mio oggetto più prezioso è una sega da potatura telescopica. Amo prendermi cura degli olivi. Mi ci riconosco e li sento vicini nei momenti felici e in quelli che lo sono un po’ meno. Sono forti, rigogliosi, si torcono, s’ammalano ma poi tornano sempre a svettare sulla campagna e darle quel color argento, così prezioso e riflessivo. Una volta finito di potarne uno, mi ci allontano, lo guardo e vedo quanto equilibrio sono riuscito a conferirgli, sicuro che così ne troverò uno anche io.
Una speranza per il tuo futuro?
A volte guardo il mare, e lo scrissi pure, in catalano, in una canzone dal titolo “Santa Eulalia”, dal nome del vascello che mi fece attraversare il mediterraneo… dicevo che scrissi che “la mia preghiera a Dio”, o chi per lui, era “che il mio cuore fosse una nave”. Una nave può farti morire, come ho scritto in “foglie di Mare” ma una nave è una speranza, è un’avventura, è una seduta psicoterapeutica dinanzi all’infinito orizzonte, è un gesto di fiducia in Nettuno, è una scommessa, un passo verso la verità. Sfido Scilla e Cariddi, ma mi godo, nella notte, la totale presenza del Nero, come se fosse l’ignota potenza dello scaturire in atto di qualsiasi cosa.
Davide Casu nasce ad Alghero il 16 gennaio 1983, si forma negli ambienti artistici e culturali nella sua città, poi aTorino e Madrid. Si iscrive alla facoltà di lettere e filosofia del capoluogo piemontese, e lì fonderà gli”É sthesis”, con una felice esperienza compositiva e concertistica che si conclude nel 2006. Autore di diverse opere letterarie e protagonista di numerose esposizioni pittoriche in terra iberica tra il 2006 e il 2010, al Premio Parodi, nel 2015, sorprende pubblico e giurati col brano “Sant’Eulalia”, canzone scritta in catalano, aggiudicandosi due premi per il miglior testo e miglior musica.