di Elena Galifi
Enzo Iacchetti è un uomo coraggioso
Andare in scena, a viso aperto, a dire ciò che lui pensa, come fosse un libro aperto, rischiando sé stesso, come in una operazione a cuore aperto durante un intervento delicato dove è un gioco la vita, quella che ti passa davanti, tutta, in un attimo.
E tu la vedi tutta lì, inafferrabile.
Ed è questa la sensazione che si vive in questo spettacolo di Enzo Iaccetti, dal titolo Libera nos Domine, in scena al teatro Sala Umberto dal 5 al 17 marzo. Ed è questo che ti fa desiderare di tornare a rivedere lo spettacolo.
Libera Nos Domine, uno spettacolo realizzato secondo lo stile del teatro canzone inventato da Giorgio Gaber.
Si rifà alle invocazioni al Signore per liberarci dal peccato e dalle tentazioni e riprende il titolo da una canzone di Francesco Guccini pubblicata nel 1978. Il testo non è tra i suoi più famosi, ma Iacchetti ne mostra tutta l’attualità, perché ancora di più oggi solo Dio sembra poterci liberare da tante deviazioni e debolezze della nostra civiltà.
Prendendo a prestito testi e canzoni dei grandi cantautori nostrani Enzo Iacchetti si confronta con l’attualità, mostrando i suoi – ma anche i nostri – dubbi, le ansie e le paure su temi quali “Progresso”, “Amore”, “Emigrazione”, “Amicizia” e, naturalmente, “Religione”.
Quella di Iacchetti è una spietata analisi sulla società di oggi, una riflessione che parte osservando una mano e da ciò che contiene quotidianamente, ossia il cellulare.
Quell’amico/nemico che ci accompagna dal risveglio a quando, la sera, sbadiglando, chiudiamo gli occhi. A quell’oggetto che per tutto il tempo del nostro vissuto ci fa dimenticare che abbiamo una vita, una vera, e attorno a noi ci sono persone, persone vere. Un apparecchio che agisce come filtro attraverso il quale comunichiamo, guardiamo, sentiamo il mondo e la gente, le cose, le emozioni, toccando lo schermo ma senza poterle veramente percepire.
Iacchetti poi prosegue il suo percorso di riflessioni su questa società in cui non si riconosce, toccando il tema sentimenti, e, tra questi, l’emozione quella più grande: l’amore.
E se, nei secoli è stato difficile descrivere cosa possa essere e comprendere cosa sia l’Amore, lo è ancora di più in questa società che ci rende così distanti l’uno dagli altri. E sempre in questa società, che si basa sull’immagine, Iaccetti introduce il discorso amore con filmati di cuori pulsanti di esseri viventi, umani e animali, la cui forma nulla hanno a che fare con il disegno stilizzato del cuore amoroso: questo nasce mettendo insieme due parentesi che si uniscono, si chiudono e in quel modo contengono il mistero dell’amore stesso.
Queste due parentesi isolano da tutto il resto e racchiudono gli amanti in un mondo, anche a suo dire, incomprensibile e indicibile. Iacchetti, scherzandoci su fa presente che, nonostante Amore, faccia rima con Cuore e con un’altra marea di nomi, che sembrano descriverlo, in realtà rimane un concetto sfuggente.
Emoziona e calamita gli sguardi e l’attenzione Iacchetti, quando il discorso si fa incantevole, mentre parla del sentimento più profondo che lega le persone, quello che fa da collante, parlando dell’Anima.
Anima, una parola che difficilmente, dice Iacchetti, fa rima con qualcosa, se non con sé stessa, ma che racchiude un concetto così intenso che è l’essenza stessa della vita, se non il senso stesso del vivere.
Naturalmente Iacchetti si congeda da questa profondità imbarazzante, affidandosi alla poesia del Maestro Giorgio Gaber, con le parole della canzone Quando sarò capace di Amare.
Iacchetti per tutto lo spettacolo pesca tra i grandi, ma lo fa con dignitoso rispetto e sapientemente, celebrandoli elegantemente.
E così, accanto alle sue canzoni, riprendono nuova vita musica e testi di Giorgio Gaber, ma anche di Giorgio Faletti, Francesco Guccini, Enzo Jannacci, arrangiate da Marcello Franzoso, perché a suo dire, nessuno ha ancora battuto per attualità, profondità e senso della poesia.
Lo spettacolo Libera nos domine sprizza di rabbiosa energia vitale che ha il sapore di necessaria rivalsa verso un ritorno la vita vera, voltando le spalle a quella virtuale.
Il suo, quello di Iachetti, suona e risuona, come un grido d’allarme, tra ironia e paradossi, e a volte con una descrizione di una incredibile e cinica realtà. Ma non c’è terrorismo o morbosità. Questo è un richiamo alla realtà vera, non per esigenza egoistica personale propria, ma è un urlo per l’intera umanità, che si proietta nel futuro fino a salvarla pensando ai pronipoti dei nostri pronipoti.
Iacchetti sorprende. È ironico, ma non scherza.
Rimane sempre sé stesso. E alla fine non delude e strappa i sorrisi. Non rinuncia a alla sua natura comica di persona che nutre e si nutre delle persone e, nel teatro del pubblico, con intelligente sarcasmo.
Così nel suo particolarissimo Bis chiede di giocare insieme, facendo una cosa seria.
Chiede di pregare tutti insieme, come si fa a messa, contro le follie del quotidiano. E, su ciascun difetto della società, invita il pubblico a rispondere in coro “liberaci dal male“.
Il tutto inizia con una preghiera e un accenno di sorriso. Poi incalza tra il pubblico una crescente risata. Ma poi, tra la preghiera e la risata, a vincere non può essere che la risata.
Ma su tutto, non poteva che finire come nella canzone di Gaber “Far finta di essere sani”, ossia “Non sanno se ridere o piangere, … e tutti …batton le mani“.
E gli applausi sono tutti per lui, per Enzo Iacchetti, di certo per la sua bravura!
Sala Umberto Via della Mercede n.50 -Roma 5 - 17 marzo 2019 Mauro Iacchetti e Nito Produzioni presentano ENZO IACCHETTI LIBERA NOS DOMINE regia ALESSANDRO TRESA musiche originali Marcello Franzoso canzoni di G. Faletti, G. Gaber, F. Guccini, E. Jannacci, E. Iacchetti arrangiate da Marcello Franzoso