La maestosità della natura vista dagli occhi di Courbet
Il padre del Realismo francese in mostra al Palazzo dei Diamanti di Ferrara dal 22 settembre al 6 gennaio 2018
“Per dipingere un paesaggio bisogna conoscerlo. Io conosco la mia terra, la dipingo”
Così scrisse Courbet in una lettera del 1848 prima di esporre le sue prime opere al Salon di Parigi. A 170 anni dalla scoperta del genio ribelle che inaugurerà la stagione del Realismo Francese, oggi che torna prepotente la necessità di “fotografare la realtà” nella sua fisionomia più autentica, la Natura dipinta da Courbet e immortalata nei dagherrotipi di Henri Le Secq e Gustave Le Gray è di nuovo in mostra al Palazzo dei Diamanti di Ferrara all’interno di un percorso che riproduce tutte le tappe della formazione dell’artista e del suo legame con il paesaggio natio.
La mostra
Organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d’arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, ospita circa cinquanta delle tele più famose dell’artista, arrivate in Italia dai più importanti musei internazionali, tra cui il Museé d’Orsay di Parigi ed il Metropolitan Museum of Art di New York, ora sistemate all’interno di stanze che accompagnano il visitatore in un viaggio attraverso i luoghi della vita dell’artista: dalla natia Ornans alle coste della Normandia e del Mediterraneo, dalla Germania fino alla Svizzera. Ad ogni luogo corrisponde poi un modo diverso di esprimere il rapporto tra pittura e natura, ma soprattutto tra natura e istanza dell’artista.
Ad aprire le porte della mostra gli autoritratti dell’artista, che si rappresenta nelle sembianze di un’imponente quercia che si erge dalla distesa campestre di Ornans, a seguire nella stanza successiva il rapporto tra natura e figura si esprime alla luce della presenza umana subordinata alla grandiosità della natura. Eliminata ogni presenza umana la sperimentazione artistica di Courbet agisce al cospetto del solo paesaggio naturalistico, protagonista indiscusso di tutte le stanze che precedono la parte finale della mostra, che come a chiusura di un percorso circolare, torna a condensare la natura con l’elemento autobiografico attraverso la testimonianza delle battute di caccia che occuparono gran parte della vita dell’artista.
Personalità ribelle e sagace, Courbet rompe gli schemi della pittura accademica forgiando nuovi linguaggi artistici che segnano una cesura nella storia dell’arte: Cézanne, Manet e Degas lo guarderanno come un grande maestro, sulla cui sperimentazione artistica avvieranno la grande stagione dell’Impressionismo.
Oltre il Classicismo
Ciò che colpisce a primo impatto, e che colpì negativamente la critica ottocentesca, è la dimensione delle tele: mai prima d’allora erano stati utilizzati formati così grandi se non per i grandi soggetti mitologici della cultura classica e mai per figure femminili che non rappresentassero le divinità greche. Courbet prende in prestito le immagini del classicismo e ne capovolge totalmente il senso; così sotto l’abito femminile che si staglia al centro di una cornice classica non troviamo più il portamento elegante ma pudicamente contenuto della Venere di Botticelli, ma donne accasciate a terra, dallo sguardo rattrappito e l’espressione annoiata, come nel celebre dipinto “Fanciulle sulla riva della Senna”, giunto direttamente dal Museo del Petit Palais di Parigi.Gli accostamenti cromatici che legano gli elementi naturali con quelli degli abiti rivolgono lo sguardo del visitatore sui dettagli dei polsini in pizzo nero e il cappello maschile appoggiato nella barca ancorata sulla riva, elementi che hanno poco a che fare con la pudicizia delle donne dell’arte rinascimentale. Courbet respinge la bellezza idealizzata della pittura classicista e con vena parodica ne riprende antifrasticamente le tecniche stilistiche per dipingere donne goffe, scomposte e spavalde: quelle donne che gli capitava di vedere nei luoghi di aggregazione della vita parigina come sulle rive della Senna, donne non sempre rispondenti ai canoni di bellezza fino ad allora accettati o all’altezza del ruolo sociale loro imposto. Erano questi del resto i primi tempi in cui le donne, dopo la Rivoluzione Industriale dell’Ottocento, mettevano per la prima volta piede fuori di casa ed entravano nelle fabbriche, cominciavano a lavorare accanto agli uomini e insieme a questi contribuivano al sostegno economico della famiglia. Mentre la nuova ricchezza capovolgeva i rapporti sociali, le fabbriche cominciavano ad ingrigire le città e a deturpare i paesaggi naturali suggerendo la necessità di difendere una Natura calpestata dall’uomo.
Courbet ha una grande sensibilità per la realtà che lo circonda e con acutezza critica registra sulla sua tela i cambiamenti sociali che stanno modificando il volto della sua amata Parigi. Ecco che allora ridà alla natura il primato che le spetta e, ponendola insieme alla figura umana, non fa di essa lo sfondo della rappresentazione ma il soggetto principale, come nel dipinto “Giovane bagnante”, dove non è la natura a fare da piedistallo al nudo femminile, ma sono le forme pesanti della ragazza a seguire le linee del percorso d’acqua evidenziando l’instabilità di quel corpo che sembra essere vinto dalla gravità. Con Courbet il corpo femminile smette di essere quello scrigno di perfezione su cui i grandi pittori della sua epoca plasmavano il paesaggio circostante, ma diventa un elemento aggiunto che abita il paesaggio al pari di qualsiasi altro elemento naturale, specchio del crollo dell’Antropocentrismo di un’epoca segnata dalla consapevolezza
che l’acquisizione economica avesse condotto a una perdita morale e spirituale. Assieme dunque alla rappresentazione degli spazi rigogliosi della sua campagna, quelli non ancora toccati dalla speculazione edilizia e industriale, Courbet pone corpi goffi, pieni di inestetismi. La donna di Courbet ha la ritenzione idrica e la cellulite, non è quella che la società vorrebbe raffigurare, ma è quella come la natura la vuole e su una natura perfetta e armonica si appoggia, esaltando con le sue increspature la vividezza del paesaggio.
Courbet con precisione fotografica raffigura la realtà che è, non quella che dovrebbe essere, affidando per la prima volta all’arte la facoltà di descrivere il corso della storia, non senza vena critica e irrisoria.
“Le Onde dipinte da Courbet sembrano arrivare dalla notte dei tempi”
–Paul Cézanne-
Proseguendo nel nostro cammino attraverso i boschi di Ornans si arriva poi alle coste della Normandia, dove la figura umana si fa sempre più piccola fino a scomparire al cospetto dell’imponenza della natura.
Prende il suo posto tutto il mondo interiore dell’artista, che appare velato nelle cromature vermiglie che si stagliano sull’orizzonte del mare e nell’impeto con cui le onde del mare si infrangono sugli scogli: segni di quel senso di smarrimento e al contempo di pienezza vitale che solo un animo sensibile alla generosità dei doni della natura come Courbet può provare. Ecco che il senso del Sublime che aveva attanagliato l’artista e che rimane impresso sulla tela raggiunge direttamente l’animo di chi la guarda e l’accompagna fino all’uscita dalla mostra
Gustave Courbet
Tramonto: la spiaggia a Trouville, c. 1866
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