Siamo alla vigilia della ricorrenza di una nascita molto particolare…
… che ci rende possibile riflessioni sulla maternità in generale…
Domani festeggeremo tutti una nascita unica e miracolosa.
Rifletto sul fatto che la nascita di Gesù e la maternità di Maria possono essere pensate come un evento non così distante da ciò che vive una donna qualsiasi nel momento speciale in cui diventa mamma. Penso a questo dopo aver ricevuto, in questi giorni, una lettera da una giovane mamma sul significato di diventare mamma, un evento che tutti pensiamo in termini di grande gioia.
Che una nuova nascita sia una grande gioia è indiscutibile, eppure…
… non dimentichiamo che oltre ad essere un momento pieno di emozioni, può essere anche un momento di difficoltà; non parlo solo del dolore che prova la donna, ma anche e soprattutto di tutto quello che significa accudire un bambino appena nato e di cosa può comportare in termini di sconvolgimento della propria vita. E’ per certi versi un momento di solitudine ma di cui in realtà è responsabile tutta la collettività a partire dalle persone care più vicine.
Vorrei riflettere con voi sulla maternità come evento di portata più ampia della singola donna che partorisce, partendo dalla lettera Lucia F. , 34 anni, che mi scrive:
“Ci hanno insegnato che diventare madri è l’unica scelta possibile, che quel figlio o quella figlia sarà la nostra unica ragione di vita, che sarà l’esperienza più bella, un dono a cui non possiamo rispondere con altro che non sia gratitudine.
Ci hanno insegnato che partorire con dolore è nulla in confronto alla gioia di avere nostro/a figlio/a tra le braccia.
Nessuno ci ha mai raccontato della paura, dell’insoddisfazione e del senso di frustrazione nel non sentirci rispondenti a tutto quello che ci è stato trasmesso, o nel trovarci davanti a un bambino o una bambina sconosciuti, poco simpatici o con cui è più complesso del previsto creare un rapporto di amore.”
Lucia F. conclude la sua lettera dicendo che “la maternità può essere bellissima, ma può fare anche schifo, ed è giusto che sia così. Ciò che è ingiusto, ancora una volta, è non poter rivendicare l’esperienza soggettiva; è soccombere a degli standard che nulla hanno a che vedere con la propria storia, che è di donna prima che di madre.”
Questa la mia risposta, che condivido con voi:
“Se pur è vero che ‘la maternità può fare schifo’ è altrettanto vero che se è così, c’è qualcuno, più di qualcuno, che poteva e doveva esserci per rendere la maternità una meraviglia.
Ogni madre per accudire il proprio figlio deve essere altrettantoaccudita.
Cito le parole di John Bowlby, uno psicologo, medico e psicoanalista britannico che ha avuto il grande merito di elaborare la teoria dell’attaccamento, interessandosi in modo particolare al legame madre-bambino.
“Voglio anche sostenere che […] occuparsi di neonati e bambini non è il lavoro di una persona singola. Se il lavoro deve essere fatto bene e se si vuole che la persona che si occupa del bambino non sia troppo esausta, chi fornisce le cure deve ricevere a sua volta molta assistenza” (John Bowlby, 1998).
Dunque se una madre non gode della maternità c’è sicuramente qualcuno che non l’ha sostenuta abbastanza e ha permesso che si disperasse in un momento tanto bello quanto complesso.
La maternità non è del singolo individuo, non è della singola donna nonostante sia lei, con le sue energie e con il suo corpo, a renderla possibile.
Auguro a tutti i lettori un sereno Nalate con i propri cari, dedicando un pensiero particolare alle donne che stanno per avere un bambino o bambina e a quelle che sono diventate da poco mamme.
Vi chiedo come sempre di lasciare i vostri commenti, di portare le vostre storie ed i vostri punti di vista.