L’arte a 360 gradi di Gianmarco Basta in scena al Teatro del Navile
Bologna – Gian Marco Basta, “cantattore” bolognese, come si definisce per il suo pubblico, torna con il suo appuntamento settimanale con “Teatro-Canzone”, un connubio tra musica e poesia che ogni settimana allieta i pub bolognesi e la sera di giovedì 25 gennaio ha conquistato il palco del Teatro del Navile, sede della compagnia teatrale fondata dall’altrettanto famoso cantautore bolognese Lucio Dalla.
“Piccante autoironico semisudicio, ma di una dolcezza che non ti aspetti”
Così l’attrice Alida Toschi, la prima performer con cui abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchiere definisce il suo modo di recitare Bukowski prima di salire in scena, anticipando qualche tratto dello stile della serata che sta per cominciare.
Insieme a lei sul palco si esibiscono tra strumenti, brevi annotazioni dell’anima o “storie di vita quotidiana” filtrate dalla melodia della propria voce il cantautore Salvo Giordano, il collettivo artistico Le Braccianti di Euripide, la poetessa Sabrina Monno e ovviamente colui che ha voluto credere su questi talenti e li ha proposti al suo pubblico, Gian marco Basta, che ha realizzato lo sfondo ma anche la cornice e il sostegno di questo polimorfo quadro artistico esibendosi con le canzoni del suo ultimo disco “Quanto Basta vol.3” .
Ad accompagnarlo non poteva poi mancare Claudio Giovannini, suo migliore amico e sostanza delle sue basi musicali, che ha accompagnato tutte le performance della serata al pianoforte e alla fisarmonica sulle note di un portaspartiti vuoto, ma testimone dell’immensa ricchezza del suo talento per la musica.
Il Teatro del Navile
Alla realizzazione del progetto ha contribuito anche Nino Campisi, presidente e co-fondatore assieme a Lucio Dalla dell’Associazione culturale Teatro del Navile e dell’omonima scuola di teatro che l’anno scorso hanno festeggiato i 20 anni di attività.
Il teatro del Navile si trova a pochi metri dalla vecchia abitazione del cantautore bolognese situata in via D’Azeglio e, come ci racconta Campisi stesso che era presente alla serata, nasce nel 1998 dalla volontà sua e di Lucio Dalla, al quale fu molto legato, di creare uno spazio in cui arte, musica e teatro potessero essere coniugate nell’organizzazione di rassegne musicali alla scoperta e alla formazione di nuovi talenti.
Oggi, mentre di giorno ospita lezioni di recitazione e laboratori di scrittura drammaturgica, la sera prende vita nelle serate dedicate al canto, alla recitazione e alla poesia e giovedì sera tutte queste forme d’arte si sono mescolate all’interno di ogni singola performance degli artisti di “Teatro-Canzone”.
Gli ospiti della serata
Noi li abbiamo conosciuti tutti prima dell’inizio dello spettacolo, o meglio, ci siamo fatti raccontare cosa facessero lì, perché è stato solo dopo averli visti in scena che li abbiamo conosciuti veramente. Ognuno di essi era lì per raccontare qualcosa di sé, chi attraverso la propria musica, come Salvo Giordano e Claudio Giovannini (in foto), chi con la sua poesia, come Sabrina Monno, e il collettivo Le Braccianti di Euripide, chi con la poesia di altri ma letta e trasfigurata dal filtro delle sue passioni, come Alida e il suo Bukowski. Storie di gesti quotidiani, anche quelli apparentemente più banali e scontati, ma raccontate attraverso gli occhi di chi non si lascia trapassare dalla realtà che lo circonda senza scorgervi qualcosa di sé né lasciarvi il proprio segno. Ognuna come un piccolo tassello di un mosaico dallo sfondo delle borgate bolognesi e trasfigurate tra musica e parole in versi.
Tra coloro che si sono esibiti con le proprie poesie Le Braccianti di Euripide, un gruppo di giovani artiste tra i 23 e i 28 anni che hanno fatto della loro arte un’oasi poetica in cui ognuna attraverso uno pseudonimo grecizzante possa dar sfogo a quella “urgenza comunicativa” che la poesia rappresenta, come Ananke, una delle braccianti, ci racconta.
La parola Ananke in greco antico significa “necessità” e appunto per lei, come per tutte le ragazze del gruppo, la sua arte nasce dalla necessità di raccontarsi e raccontare. Pochi giorni fa il gruppo ha compiuto un anno di attività aprendosi a nuovi stimoli: le ragazze hanno infatti creato una pagina facebook (https://www.facebook.com/pg/lebracciantidieuripide/about/?ref=page_internal) attraverso cui ognuno può inviare illustrazioni, poesie, fotografie e ogni tipo di prodotto artistico comunicante qualcosa di sé o della realtà circostante. Saranno poi loro stesse a scegliere i più incisivi per poterli pubblicare con uno pseudonimo.
“La bulimia dell’immagine”
In questo periodo compie un anno dalla sua pubblicazione anche “La bulimia dell’immagine”, la raccolta poetica con cui ha esordito Sabrina Monno, che giovedì sera ha riproposto tre delle sue vecchie poesie: “Ananke”, “Figli” e “Una stagione all’Inferno”, raccontando del suo rapporto con l’amica Elena, il suo amore per il regista Ingmar Bergman e per il poeta francese Raimbaud e infine il suo ultimo capolavoro: “La morte dell’eroe romantico”, storia di una svolta nella vita della poetessa che, come ha dichiarato, ha smesso di ritrovarsi in certi valori propugnati erroneamente dalla nostra società.
Il “Cantattore”
Le poesie di Sabrina rappresentano ormai una tappa fissa negli appuntamenti settimanali di “Teatro-Canzone” e, come racconta, la sua collaborazione con Gianmarco è nata un anno fa, dopo una breve chiacchierata di fronte a una tazza di caffè concordata per caso. Il suo racconto combacia perfettamente con quello di Gianmarco, che alla domanda “Perché hai deciso di diventare Cantattore?” risponde, per citare le sue stesse parole,“In maniera un po’ paracula”:
Chi fa spettacolo deve avere molte frecce al suo arco e più ne ha e più riesce ad essere un artista completo e un artista completo è chi riesce a raccontare quello che vede con il filtro della sua personalità ma può anche essere un amico da incontrare al bar la mattina per chiacchierare.
E così dopo questa fulminea ma densa dichiarazione Gian Marco afferra la sua chitarra e sale sul palco, dove porta con sé le sue rocambolesche avventure, amorose, culinarie, quotidiane e comunissime ma straordinariamente uniche grazie a una buona dose di autoironia e spavalderia. Insieme a lui e alla sua inseparabile chitarra nello spazio scenografico c’è sempre l’amico Claudio che al pianoforte, o talvolta alla fisarmonica, segue le note di Gian marco senza nemmeno uno spartito su cui aiutarsi, anche quando dalla fantasia dell’amico si libera sul palco il suono di una tromba che non esiste, ma si può sentire attraverso i suoi racconti.
Vivere il palcoscenico
Insomma, dopo una serata insieme a Gian Marco e alla sua compagnia, si torna a casa con l’idea che la vita ci abbia reso protagonisti di un dramma esistenziale straordinariamente comico, anche quando le nostre giornate ci sembrano banali e insignificanti. Si ha la prova che con un pizzico di ironia si possono stravolgere intere esistenze, a patto però che si cerchi sempre qualcosa di sé nel mondo che ci circonda.